SERATA “AMARCORD” A FRANCAVILLA ANGITOLA
Martedì 5 Agosto a Piazza Solari
Relazione del dott. Gino RUPERTO
“La gioventù francavillese nell’immediato dopoguerra”
Nel quadro delle manifestazioni culturali ed
artistiche promosse ed organizzate dall’Amministrazione Comunale di Francavilla
durante il corrente mese di agosto con la valida e proficua collaborazione
dell’amico Ing. Amerigo Fiumara, questo nostro incontro assume un rilievo
particolare per alcune ragioni che cercherò di precisare nel corso del mio
intervento.
Ho deciso di partecipare volentieri a questa
manifestazione e di dare il mio modesto contributo al dibattito scegliendo di
rievocare alcuni fatti politici più salienti vissuti dalla Comunità
francavillese nel periodo del secolo scorso, soprattutto fra il 1945 e il 1955.
Ho pensato che fosse questo il compito per me più indicato e congeniale in
considerazione della mia età piuttosto avanzata che mi ha consentito di
partecipare di persona ad alcuni di quegli avvenimenti o di esserne stato
testimone diretto.
Prima di entrare nel merito dell’argomento desidero
però aprire una parentesi per dirvi che in questo momento, trovandomi di fronte
a voi, sento una forte emozione e tensione dovendo parlare ad un pubblico
certamente amico, ma attento ed esigente, convenuto in questo luogo che mi è
familiare e che mi suscita molti ricordi della mia fanciullezza e giovinezza,
come del resto mi sono familiari e mi suscitano altrettanti ricordi tutti i
luoghi del paese: le strade, i vicoli, le rughe, Pendino e le case, molte delle
quali sono purtroppo ormai da tempo disabitate a causa dell’emigrazione che ha
ridotto sensibilmente il numero degli abitanti del Comune.
Il fenomeno emigratorio, che ha coinvolto Francavilla
e quasi tutti i centri maggiori o minori del Meridione a decorrere
dall’immediato dopoguerra, ed è proseguito fino agli anni sessanta ed in alcuni
momenti ha assunto le dimensioni di un vero e proprio esodo demografico, ha
impoverito il nostro paese perché ha provocato una disper-sione umana, la
chiusura di molte botteghe artigiane e del piccolo commercio nonché, cosa molto
grave, l’abbandono dei lavori agricoli, segnatamente nel campo
dell’oli-vicoltura e viticoltura, attività una volta molto fiorenti in
Francavilla perché praticate con sicura esperienza e antica competenza da tanti
piccoli proprietari, costretti poi a lasciare quasi del tutto incolti i terreni
per mancanza della necessaria manodopera locale.
La cosiddetta globalizzazione dei mercati e forse
anche la nota, ma non sempre convincente, teoria dei “corsi e ricorsi storici”
di Vichiana memoria ha voluto poi che un Paese come l’Italia, segnato nel bene
e nel male, e per tutto il Novecento e anche prima, dall’emigrazione di milioni
di italiani sia all’interno che al di fuori soprattutto dei confini nazionali,
venisse investito successivamente dal fenomeno inverso dell’immigrazione
straniera che stiamo ora vivendo con accenti talvolta umanamente e
politicamente drammatici.
L’apprensione che io provo, ed a cui ho già accennato,
deriva in parte dalla mia na-turale predisposizione all’emotività, specialmente
accentuata in determinate circo-stanze, come questa, ma anche dalla gradita
presenza accanto a me di alcune persone, come il prof. Luigi Lombardi Satriani
e il prof. Dorino Russo, delle quali voglio dire poche parole.
Se però fosse stato presente il nostro caro
concittadino e amico Prof. Totò Barbina, avrei cominciato da lui; ma anche se
assente per una lieve indisposizione e per motivi precauzionali legati alla sua
età di novantenne felicemente superata pochi mesi or sono, ritengo sia giusto
da parte mia accennare brevemente al suo notevole e proficuo impegno di
studioso, di docente universitario e di autore di oltre venti volumi nelle
materie letterarie e affini, come il Teatro e il Cinema.
All’amico Barbina, tuttora impegnato nella sua
attività creativa, penso che dobbiamo dedicare, a breve, per i suoi novant’anni
e per la sua opera omnia un dove-roso omaggio, lui presente, e un discorso
approfondito almeno su alcune delle sue maggiori pubblicazioni, compresi i due
volumi sul Teatro calabrese da Cassiodoro ad Alvaro già consegnati all’editore
Rubbettino e quindi in corso di stampa, ed i tre vo-lumi già ultimati, dedicati
a Francavilla; una vera e propria storia organica del paese, dalle origini ai
giorni nostri, molto diversa, per originalità, ampiezza di particolari e
ricchezza di argomenti e personaggi, dalla storia, senz’altro anch’essa
interessante, scritta da Scipione Mannacio Soderini nel dicembre del 1915 e a
noi pervenuta attra-verso alterne vicende, e pubblicata nel 2006 a cura di Foca
Accetta che, occorre rico-noscerlo, ha realizzato una lodevole iniziativa ed ha
anche scritto una bella, puntuale e pregevole “Introduzione” preceduta da una
breve “Presentazione” di Fausto Rondinelli, altrettanto bella per chiarezza
espositiva e intensità di concetti.
Passando poi al Prof. Luigi Lombardi Satriani non
posso non sottolineare i suoi grandi meriti come docente universitario e
Preside di Facoltà presso l’Università di Messina prima e successivamente
presso l’Università della Calabria, a Cosenza, ed infine presso l’Università
“La Sapienza” di Roma dove ha concluso la sua brillante carriera. Egli è oggi
uno dei massimi studiosi e autori di moltissime pubblicazioni in materia di
Antropologia Culturale, Etnologia e Storia delle Tradizioni Popolari, un campo
interessante e affascinante, da lui sempre coltivato con grande competenza
nella scia di due suoi grandi predecessori che sono stati lo zio paterno
Raffaele e il famoso etnologo napoletano Ernesto De Martino. Luigi mi onora
della sua affettuosa amicizia oramai da molti anni ed ancor prima della sua
candidatura ed elezione a Se-natore della Repubblica nel collegio di Vibo
Valentia nel 1994 in rappresentanza del PDS; in quella occasione gli elettori
francavillesi hanno saputo dimostrargli concreta-mente la loro simpatia e il
loro consenso. Dell’amico Prof. Dorino Russo – che non vedevo da alcuni anni –
mi piace sotto-lineare il suo tratto sempre garbato e gentile, e la sua innata
tolleranza, qualità che, unite alla sua cultura universitaria e al suo coerente
impegno politico nell’area della sinistra, lo segnalano come esempio positivo a
quei giovani che volessero eventual-mente accostarsi alla politica, intesa e
praticata come elevazione culturale di se stessi e degli altri, per il
raggiungimento di obiettivi d’interesse generale e non già personali o
familiari, come purtroppo accade spesso oggi in Italia.
Altri esempi positivi cui ispirarsi sono senz’altro
rappresentati da Amerigo e da Vincenzino Ruperto, ma per non correre il rischio
di apparire un po’ partigiano o ad-dirittura esclusivista, sia sul piano
politico che su quello personale, penso sia giusto dire che anche molti altri
nostri concittadini, a prescindere dal loro orientamento poli-tico e dalla loro
età, potrebbero per capacità, preparazione, cultura ed esperienza con-tribuire
con il loro impegno a migliorare le condizioni culturali e sociali del paese ed
ho in testa molti nomi, anche di donne, che però non indico per comprensibili
motivi di opportunità e riservatezza, e per evitare inoltre eventuali e giuste
reazioni dovute a possibili dimenticanze, e per non dilatare infine a dismisura
i tempi assegnatimi.
Chiudo la parentesi pregando Amerigo di volermi
scusare per essere andato fuori campo e per avergli sottratto un po’ di tempo e
spazio perché come conduttore e co-ordinatore della manifestazione spetta a lui
l’incarico ufficiale di presentare e accredi-tare i vari ospiti e relatori.
Dopo questa lunga premessa cercherò d’illustrare ora
il tema che mi sono prefisso rilevando anzitutto che il decennio 1945-1955 è
stato un periodo cruciale e decisivo non soltanto per Francavilla ma per
l’intero nostro Paese.
Nel 1945 com’è noto si è conclusa la seconda guerra
mondiale, un conflitto deva-stante, dal quale l’Italia è uscita sconfitta e
quasi distrutta per i gravissimi danni subiti dall’industria produttiva e
dall’economia, ed anche provata moralmente e psicologi-camente perché ha corso
il rischio di una guerra civile che si andava già delineando nelle regioni del
Nord e che è stata poi evitata per l’azione congiunta delle Forze Partigiane,
anche d’ispirazione cattolica e liberale, che hanno contribuito notevolmente a
contrastare e respingere i nazifascisti, costringendoli infine alla resa.
Il 1945 è stato però anche l’anno in cui l’Italia ha
cominciato a reagire e ad avviare il cammino della ricostruzione e della
rinascita nazionale. I fatti più significativi ed importanti di quell’anno sono
stati la riconquista della libertà e della democrazia che i ragazzi e i giovani
nati durante il regime fascista non avevano mai conosciuto.
Il clima a Francavilla era carico di entusiasmo e di
generale mobilitazione, nonché di speranza e voglia di grandi cambiamenti.
Sulla base delle indicazioni scaturite dalla precedente costituzione dei
Comitati di liberazione locali del 1944 si è proceduto alla fondazione dei
Partiti politici, di quelli già preesistenti al fascismo e di quelli nati dopo,
per cui in paese erano comparsi sulla nuova scena politica i Partiti storici, e
cioè il P.C.I., il P.S.I., il P.R.I. e il nuovo Partito detto della Democrazia
del Lavoro, schierato su posizioni di centro, e la D.C. che era da considerare
a tutti gli effetti un nuovo Partito nato dalle ceneri del Partito Popolare
fondato nel 1919 da Don Sturzo e segnato nei primi anni del fascismo da alcune
esitazioni ed incertezze verso il regime che avevano appunto suggerito ad
alcuni gruppi ed esponenti cattolici di rilievo, fra i quali De Gasperi,
Spataro, Piccioni ed altri di rifondare nel 1942-43 un Partito sempre
d’ispirazione cattolica chiamato Democrazia Cristiana.
Fra le varie sezioni di Partito sorte in paese –
democristiana, comunista, socialista, democratica del lavoro e repubblicana –
la più numerosa, organizzata e movimentista è stata quella del P.R.I., guidata
dal gruppo originario formato da Totò Barbina, dal Prof. Domenico Facciolo e da
zio Mico Ruperto, il papà, per intenderci e per i ragazzi di oggi, di
Vincenzino e di Lina, chiamato così da tutti noi per affetto. Fra giovani e
adulti la sezione contava oltre cento iscritti, fra i quali c’ero anch’io e
c’erano soprat-tutto Foca Pallone (meglio conosciuto per il suo titolo di
studio come il Ragioniere, per antonomasia, perché in effetti a quei tempi era
l’unico diplomato in ragioneria nel paese), Ciccio Michienzi, oggi medico negli
USA e precisamente nello stato dell’Ohio, Peppino Pallone, Ciccio Ciliberti,
mio fratello Peppino, Foca Caruso, papà del Prof. Roberto, rimasto sempre
fedele al simbolo repubblicano dell’edera e molti altri e, dulcis in fundo, il
nostro carissimo Totò Parisi che porta orgogliosamente a passeggio i suoi
splendidi novantadue anni in piena salute fisica e mentale, e conser-vando
intatte la sua lucida intelligenza e la sua riconosciuta e apprezzata signorilità.
La prima prova impegnativa per i nuovi Partiti è stata
la consultazione elettorale amministrativa del 1946, alla quale hanno
partecipato due liste senza però un precisa caratterizzazione politica. Si è
trattato infatti di due raggruppamenti o cartelli eletto-rali tenuti
rispettivamente insieme dalla D.C. e dal Sole nascente. La prima lista
conteneva i nomi di persone di vario orientamento con prevalenza di iscritti
alla D.C. e alla Dem. Lavoro; mentre la seconda risultava formata da elementi simpatizzanti
per il P.S.I. e il P.R.I. . Com’era prevedibile vinse la D.C. che aveva come
capolista il Cav. Vincenzo Solari, una bella e signorile figura fisica ed
umana, con una lunga barba bianca simile a quella del Carducci, vestito sempre
di nero per due grandi tra-gedie sofferte dalla famiglia, un po’ in odore di
massoneria, rappresentante di una an- tica casata francavillese della quale
segnalo incidentalmente un’ampia ricostruzione storica tracciata recentemente
da Vincenzino Ruperto con ricchezza di notizie che ri-salgono alle origini e si
concludono negli anni “Cinquanta”, ultimi anni di vita e di storia della
Casata. La ricerca di Vincenzino, scritta con convincente efficacia narrativa,
risulta anche corredata di alcune fotografie antiche molto belle e suggestive
che impreziosiscono il lavoro tanto da indurmi a suggerirgli di farne oggetto
di una vera e propria pubblicazione che potrebbe offrirsi come utile
integrazione e contri-buto alla Storia di Francavilla di Totò Barbina, un’opera
organica, come già detto.
Il Solari era alleato con esponenti di due famiglie
altrettanto molto influenti nel paese, ossia la famiglia Mannacio e la famiglia
Gulli – Grillo (l’Esattore); questa ultima rappresentata soprattutto dal Dr.
Vincenzo Gulli, medico condotto di Franca-villa per alcuni decenni, con un
grosso seguito di pazienti e di sostenitori, e sempre in lotta purtroppo con
l’altro medico, Dr. Vincenzo Servelli, ufficiale sanitario e mio carissimo e
indimenticabile zio.
Ma le elezioni comunali più importanti e più
combattute sono state quelle del 1952 per le quali sono state presentate ben
cinque liste, ma soltanto due potevano concreta-mente aspirare al successo ed
erano la lista di Scipione Mannacio, con il simbolo del MSI – Fiamma tricolore,
e una formazione tripartitica formata dal PRI-DC e dal Sole nascente (che era
il simbolo quest’ultimo dei socialdemocratici saragattiani staccatisi pochi
anni prima dal PSI).
Questa seconda lista era costituita quasi totalmente
da giovani laureati e diplomati, tanto da essere definita, forse anche con un
misto d’invidia e d’ironia, dagli avversari la “lista degli intellettuali”. I
candidati erano tutte persone autenticamente democrati-che e progressiste, e si
era diffusa in paese la sensazione che avrebbero vinto le elezioni. Ma il
destino “cinico e baro” ha voluto che a causa di molte incomprensioni e
inspiegabili reazioni da parte di alcune persone, delle quali non è opportuno
fare i nomi, la situazione volgesse in favore dell’altra lista nella quale
erano presenti gli esponenti più convinti e radicali del MSI che, oltre al
Mannacio, erano Emanuele Nobile e Peppino Galati, persone peraltro gentili e
cordiali nei rapporti quotidiani e sociali, ma “duri” e intransigenti nella
lotta politica, e dico questo senza alcuna impli-cazione critica. E fu così che
Scipione Mannacio si è avviato a ricoprire la carica di Sindaco di Francavilla
per due mandati consecutivi sull’esempio del nonno paterno Avv. Scipione
Mannacio Soderini, considerato il vero costruttore del paese.
Le conseguenze di quel risultato elettorale hanno però
inciso profondamente sulla vita di Francavilla perché è venuto a crearsi un
clima d’intolleranza e di persecuzione politica che ha spinto quasi tutti i
candidati della lista soccombente, che avevano in gran parte contribuito alla
rifondazione dei Partiti democratici, a lasciare, nel volgere di poco tempo,
Francavilla e a disinteressarsi delle sorti del paese.
Per una visione più ampia e approfondita di quella
situazione rinvio ad uno dei tre libri di Lorenzo Malta e precisamente al
volume molto ben fatto e documentato dal titolo “Francavilla Angitola
dall’Unità d’Italia al secondo dopoguerra”, al quale io ho liberamente attinto.
A partire da quelle elezioni amministrative del 1952 e
dagli esiti che si sono deter-minati, l’amico Barbina ha creduto d’intravedere
l’inizio della lacerazione di una fitta trama umana e sociale intrecciata,
curata e coltivata attraverso parecchi decenni all’interno di una piccola
comunità abbastanza coesa e compatta per la quale ogni fat-to individuale e
ogni evento familiare, bello o brutto che fosse, diventava in quell’e-poca
quasi automaticamente, una storia corale e collettiva, nel segno appunto di un
forte sentimento di vicinanza e di solidarietà fra gli abitanti che oggi, e da
parecchio tempo ormai, è purtroppo assente per ragioni che non è possibile
indagare, almeno in questa sede.
Ritorno un po’ indietro alle elezioni politiche del
1948 che hanno segnato la schiac- ciante vittoria della DC sul Fronte
democratico popolare, formato dal PCI e dal PSI, perché in quella occasione i
giovani francavillesi che allora militavano nella sinistra e anche i giovani
degli altri Partiti hanno dimostrato una certa combattività. Ma l’impegno più
entusiasmante e partecipato dei giovani del PCI, PSI e PRI a Franca-villa si è
sviluppato in occasione delle elezioni politiche per l’Assemblea Costituente,
che ha avuto il compito di scrivere la nuova Costituzione o per meglio dire la
prima Costituzione democraticamente scelta dal popolo, a suffragio universale,
dopo lo Statuto Albertino del 1848.
Contemporaneamente alle suddette prime elezioni che
hanno avuto luogo il 2 giugno del 1946 gli elettori italiani sono stati
chiamati a scegliere con Referendum la forma istituzionale dello Stato fra
Monarchia e Repubblica; anche se a Francavilla è prevalsa, sia pure per poco,
la Monarchia, il risultato è stato a favore della Repubblica sul piano
nazionale.
In quell’occasione tutti i giovani ed anche i ragazzi
non elettori, per ragioni d’età, come me, si sono mobilitati con entusiasmo e
passione per la Repubblica dalla quale ciascuno di noi si sentiva attratto per
le novità che la nuova forma dello Stato prean-nunciava e introduceva.
Dopo i grandi avvenimenti del 1946 con la vittoria
della Repubblica e il consegui-mento di una larga rappresentanza parlamentare
delle forze della sinistra per la “scrittura” della nuova Costituzione, e dopo
gli importanti appuntamenti del 1948 e del 1953, con la sconfitta della legge
elettorale cosiddetta “legge truffa” per il premio di maggioranza che la DC e i
suoi alleati di Centro avevano progettato allo scopo di disporre in Parlamento
della maggioranza assoluta, i Partiti sorti nel dopoguerra a Francavilla hanno
cominciato a perdere slancio ideale e a ripiegare gradualmente su posizioni
prevalentemente localistiche e municipalistiche, sempre più contrapposte e
esasperate. Alla domanda, che Amerigo mi ha rivolto in più occasioni di dire
come eravamo allora noi ragazzi e giovani, io non penso di poter
tranquillamente rispon-dere che fossimo migliori di quelli degli anni
successivi e di oggi; tuttavia in quegli anni i ragazzi, i giovani ed anche gli
adulti di Francavilla hanno seminato le loro idee e il loro spirito innovativo,
attraverso il loro convinto impegno politico che seppure reso alquanto
difficile dalle note vicende locali e da un percorso non sempre conti-nuativo e
lineare, ha consentito però alla generazione successiva di raccogliere alcuni
frutti benefici che si sono resi visibili nel corso degli anni Sessanta e
Settanta ed oltre. Tutto ciò del resto rientra, secondo me, quasi perfettamente
nella visione e concezione di Sant’Agostino, secondo cui dopo l’avvento del
Cristianesimo la storia non ha più avuto una evoluzione in senso circolare, ma
lineare, sicché quel che s’è detto e fatto “prima” deve evolversi nel “dopo” in
un continuum, che non consente né interruzioni né una circolarità ripetitiva
del pensiero e delle azioni, che di fatto non produrrebbe alcuna novità.
A Francavilla in quegli anni si potevano leggere molti
giornali, alcuni di Partito, al-tri cosiddetti indipendenti. Fra i giornali di
Partito c’erano l’Avanti!, l’Unità, La Voce Repubblicana, il Popolo (che
era l’organo della DC) e un nuovo giornale L’Uomo Qualunque, fondato tra
gli anni 1945-46 da un personaggio alquanto pittoresco di nome Guglielmo
Giannini, che di professione faceva il commediografo ed anche con un certo
successo, convertitosi improvvisamente alla politica, avendo fondato un nuo-vo
Partito di destra che era L’Uomo Qualunque e l’omonimo giornale cui
sopra ho accennato. Il fenomeno dell’ Uomo Qualunque ha avuto, sia come
elettori sia come lettori, un successo effimero, giacché nel volgere di pochi
anni il giornale ha sospeso le pubblicazioni e il Partito, di chiaro
orientamento di destra, è stato assorbito dal Movimento Sociale fondato nel
1946 da Almirante e da altri nostalgici rappresentanti del Regime fascista. Fra
i giornali cosiddetti indipendenti di risonanza nazionale, non riferibili
direttamente ai vari Partiti, ricordiamo Il Messaggero, Il Giornale
d’Italia, Il Mattino di Napoli e un nuovo quotidiano fondato nel
1944 da un bravo giornalista di nome Renato Angiolillo che lo ha diretto fino
alla morte avvenuta nel 1975.
Inizialmente Angiolillo aveva impresso al quotidiano
una linea editoriale addirittura filotrotskista, e quindi di estrema sinistra,
perché tra i finanziatori c’era un simpatiz-zante della rivoluzione sovietica;
ma ben presto il nuovo giornale si è andato sempre più orientando verso il
centro-destra.
Oltre ai quotidiani in paese giungevano anche alcuni
settimanali importanti quali Risorgimento Liberale, Cronache del Mezzogiorno
(di sinistra), la Discussione (DC), nonché un settimanale umoristico di
alto livello, il Travaso delle idee, al quale colla-borava Totò Barbina
che è stato il suggeritore di quasi tutte le suddette testate vendute in paese.
Avendo parlato dei giornali mi tocca fare un riferimento, e lo faccio con
piacere, al giornalaio storico di Francavilla che si chiamava Foca Serrao.
Apparteneva ad una famiglia molto numerosa e molto
onesta e laboriosa che abitava nel vicolo vicino la piazza. Il Serrao dopo
essersi sposato è andato ad abitare con la propria famiglia in via Talagone,
dove gestiva un piccolo negozio di alimentari e di altri generi, e dove vendeva
anche i giornali. Lo si vedeva girare per il paese spesso con un fascio di
giornali e riviste sotto il braccio, sperando di facilitare così la vendita, ma
si lamentava perché i francavillesi leggevano poco.
Fra lui e Totò Barbina si era stabilito un rapporto
speciale perché Totò gli suggeriva tutte le ultime novità nel campo dei
giornali e di varie altre pubblicazioni di cui veniva subito a conoscenza, essendo
allora di tutti i giovani francavillesi il più prepa-rato ed informato. In uno
dei volumi su Francavilla, Totò gli ha dedicato un ricordo. Io ho ancora
scolpita nella mente l’immagine del giorno in cui Foca Serrao è salito sul
postale in piazza, unitamente ai fratelli Vittorio e Filippo per andare a
Napoli e da lì imbarcarsi poi per l’Africa Orientale dopo l’avvenuta
proclamazione, nel maggio del 1936, dell’Impero da parte del governo fascista,
che corrispondeva la paga di 5 lire al giorno a ciascun lavoratore nelle
Colonie. Il salario non era da considerarsi scarso, dati i tempi, specialmente
se paragonato allo stipendio di un insegnante elementare o di un impiegato
comunale che si aggirava sulle duecentocinquanta, massimo trecento lire
mensili. Il compenso, che veniva dato ai lavoratori in Colonia, è soltanto un
mio ricordo personale; certamente l’ing. Davoli, che sta scrivendo un libro
sulla guerra di Etiopia, può confermarne o meno l’esattezza.
Vorrei aprire per poco una finestra sulla nascita in
Francavilla del Partito Comunista che ha avuto il suo atto fondativo nei locali
del Bar Barbina quando nel 1945 il caro e compianto Vittorio Torchia ha
pronunciato un breve ma intenso discorso per annunciare la fondazione appunto
del nuovo Partito richiamandosi ai primi moti rivoluzionari esplosi in Russia
nel 1905 e alla successiva rivoluzione del 1917 guidata da Lenin e da Trotskij
e inneggiando alla bandiera rossa come simbolo di libertà e di giustizia.
L’episodio è stato poi ricordato da Vittorio in una bella
poesia dal titolo “Bandiera rossa” contenuta nella raccolta di liriche “Curva
minore”, che ha avuto un premio della Presidenza del Consiglio.
Quel messaggio di Vittorio è stato poi ripreso e
portato avanti negli anni da Vincen-zino Ruperto che ha esordito in politica a
metà degli anni Cinquanta con un discorso molto efficace e molto seguito,
improvvisato dal balcone del Bar Barbina per comme-morare i caduti di Melissa,
dove a seguito del movimento dell’occupazione di alcuni terreni incolti del
latifondo crotonese sono caduti sotto il fuoco della Polizia tre con-tadini,
due uomini e una donna.
Mi sembra doveroso spendere poche parole sul Sindaco
Mannacio e sulla sua illu-stre famiglia, che possedeva il più grande patrimonio
fondiario in paese e nei dintorni. Scipione è stato un amministratore comunale
corretto, ed ha cercato di rompere un po’ l’isolamento politico dal quale il
M.S.I. era allora circondato sul piano nazionale e locale. Veniva spesso a
Roma, quando io studiavo all’Università, e aveva piacere che lo accompagnassi
nei suoi vari giri per Ministeri e Uffici per chie-dere e caldeggiare la
concessione di aiuti e sostegni finanziari come i mutui della Cassa Depositi e
Prestiti da investire per i lavori del Comune.
In quegli anni sulla Calabria si è abbattuta
un’alluvione di inaudita violenza che ha provocato distruzioni e danni notevoli
in molti Comuni ed anche a Francavilla, dove però le conseguenze del fenomeno
alluvionale non sono state molto catastrofiche e devastanti, e nonostante ciò
il Sindaco Mannacio è riuscito ad ottenere che Franca-villa fosse iscritta tra
i Comuni danneggiati per conseguire le sovvenzioni e i benefici statali che poi
ha destinato in parte alla riparazione di alcuni alloggi effettivamente colpiti
dall’evento nel rione Pendino e in parte alla costruzione delle prime case
popolari sorte lungo la strada compresa fra l’attuale Farmacia Costa e la
vecchia stra-detta di campagna che conduceva a Filadelfia e che tutti i ragazzi
di allora e anche gli adulti percorrevano a piedi, talvolta con frequenza
giornaliera.
Al momento della consegna delle nuove abitazioni il
Sindaco Mannacio ha organiz-zato un piccola manifestazione e ha voluto che io
dicessi poche parole, cosa che ho fatto, invitando tutti i cittadini alla
riconciliazione e alla concordia. Ma occorre dire per obiettività storica che
Scipione Mannacio, pur essendo stato un Sindaco corretto sul piano
amministrativo, è stato però vendicativo sul piano politico. Ricordo ancora con
disappunto che ha più volte avvertito zio Mico Ruperto, che gestiva allora il
ne-gozio di tabacchi nella piazza, ad osservare alla lettera gli orari di
apertura e chiusura della tabaccheria con la velata minaccia che in caso
contrario avrebbe adottato provvedimenti molto rigorosi; lo stesso comportamento
ha avuto nei confronti della farmacista dott.ssa Santina Simonetti, la nonna
dell’attuale farmacista Raffaele Costa.
Da rilevare che entrambe le persone di cui sopra, zio
Mico e dott.ssa Santina, non avevano votato per la lista del MSI. Per non
parlare poi della querela per diffama-zione sporta da Scipione Mannacio contro
il caro dott. Cecè Simonetti per alcune battute che erano sfuggite a Cecè
mentre chiacchierava con Ciccio Condello, di cui era amico e tenace sostenitore
politico. È seguito un processo lungo ed estenuante presso il Tribunale di
Nicastro che ha coinvolto e appassionato emotivamente molti francavillesi i
quali sono stati presenti a tutte le udienze per solidarietà con Cecè
Si-monetti, che a conclusione del processo ha subito una lieve condanna. Altri
episodi spiacevoli hanno connotato il comportamento del Mannacio che, come
giustamente rilevato anche da Lorenzo Malta, hanno alquanto oscurato alcune
azioni pur positive di quella sindacatura. Dico questo perché un Sindaco, di
qualsiasi estrazione politica, deve saper tenere un comportamento giusto ed
esemplare verso tutti i cittadini, com-presi anche quelli che non l’hanno
votato.
Debbo precisare che io non ho mai partecipato alle
lotte locali perché non provavo alcun interesse per gli scontri personali e
perché andavo e venivo da Roma dove mi ero già iscritto al PCI e accarezzavo
forse presuntuosamente l’idea di seguire i grandi dibattiti fra i Partiti e
all’interno del PCI e della mia sezione.
A Francavilla io sono venuto a trovarmi spesso in una
situazione del tutto particolare per non dire unica, perché politicamente mi
sentivo totalmente vicino e solidale con gli amici dei Partiti democratici e
nel contempo ero amico della famiglia Mannacio, uno dei pochi, perché io e
Armando, studente come me di giurisprudenza, e fratello di Scipione, era mio
coetaneo; ci dividevano pochi mesi, e siamo stati com-pagni di scuola alle
elementari e in quarta classe abbiamo insieme imparato a cantare il coro del
Nabucco sotto la direzione del carissimo Vittorio Torchia, che si era
di-plomato da poco e che sostituiva la cognata Rina Ruperto, assente per
maternità. Cor-reva l’anno 1939.
Uno dei motivi che hanno reso possibile l’affermazione
della lista del Movimento Sociale nel 1952 è stato senza dubbio la campagna
elettorale condotta da Armando Mannacio in favore del fratello perché si è
trattato di una campagna dai toni molto forti e a volte violenti, usati non
tanto per sollecitare il voto per un rappresentante della propria famiglia,
storicamente importante per Francavilla e che aveva espresso due grandi
Sindaci, quanto per screditare e demolire gli avversari e renderli poco
cre-dibili e meritevoli di essere votati. In particolare gli strali di Armando
Mannacio, che era un parlatore bravo e incisivo, erano rivolti contro Ciccio
Condello, una persona brava e disponibile verso tutti, appartenente ad una
famiglia numerosa e rispettabile che abitava in Piazza e che ha sofferto molto
per gli attacchi verbali di una propaganda oggettivamente esagerata ed
esasperata.
Ciccio Condello, rimasto sempre democristiano,
nonostante le molte sconfitte subite, anche se singolarmente è sempre stato
eletto, ha continuato la sua battaglia con coerenza e tenacia riuscendo infine
a cogliere la rivincita quando alle elezioni co-munali del 1968 la lista da lui
guidata è prevalsa per un solo voto sulla lista della sini-stra unita ed è
stato quindi eletto Sindaco, dimostrandosi, come Amministratore, comprensivo e
per nulla vendicativo verso i precedenti avversari.
Ho seguito un’esposizione alquanto altalenante
discorrendo di varie situazioni e di vari personaggi perché mi è sembrato
giusto dare al mio intervento un taglio piutto-sto unitario ed equilibrato
degli avvenimenti di quegli anni per evitare d’incorrere nel sospetto di
un’analisi diseguale dei fatti o di un mio atteggiamento poco rispettoso della
verità. Come già ho accennato in precedenza si era rotta all’interno della
Comu-nità una certa armonia sociale a partire proprio dal 1952 in poi, ove si
consideri anche un particolare non del tutto secondario che vale la pena
riferire.
Armando Mannacio, oltre ad essere amico mio, era anche
amico di Totò Barbina e spesso tutti e tre ci siamo trovati impegnati in
conversazioni politiche e di altro gene-re, e insieme, non molto tempo prima di
quelle elezioni, abbiamo trascorso diversi giorni a Palazzo Mannacio, su invito
di Armando, a spolverare e riordinare la ricca e interessante biblioteca di
famiglia secondo le indicazioni e i suggerimenti di Totò.
Quell’episodio ci aveva ancora di più uniti e in virtù
di quel rapporto abbiamo, Totò e io, tentato di dissuadere Armando di ricorrere
a modi molto violenti nei comizi, ma senza esserci riusciti.
Ho parlato a lungo ed a volte in modo alquanto slegato
e forse confuso perché non è facile tenere insieme fatti e avvenimenti
succedutisi in epoche e tempi diversi. Una serata come questa, poi, davvero
rara per Francavilla e un uditorio di tutto rispetto in-ducono un concittadino
e quasi “forestiero” come me a voler dire tutto o molto del passato e anche del
presente e per di più in poco tempo, accarezzando forse l’illusione di
recuperare delle assenze e di colmare dei vuoti imposti dal caso e non da una
scelta personale.
Questa serata è stata anche auspicata da Amerigo, che
ne è stato convinto suggerito-re e ispiratore, per comprensibili e
condivisibili ragioni che risiedono nel suo deside-rio di “celebrare” la
ricorrenza del Cinquantenario della nascita del PSIUP e del qua-rantesimo del
Centro Giovanile Popolare di Francavilla.
Bisogna però precisare che l’intento di Amerigo non è
esclusivamente celebrativo ma è anche finalizzato a far conoscere ai ragazzi e
ai giovani francavillesi di oggi la storia della loro e della nostra comunità
attraverso le vicende di un antico passato di cui i giovani protagonisti di
allora sono oggi persone ormai adulte e cariche di espe-rienza e si trovano
pertanto nella favorevole condizione di trasmettere l’esempio di un loro
“vissuto” fecondo e costruttivo.
Sul PSIUP ed in particolare sull’esperienza
attraversata da un gruppo di giovani so-cialisti di sinistra francavillesi a
cavallo degli anni 1960-70 Amerigo ha scritto, com’è noto, un bel libro, con
una interessante premessa sulle condizioni sociali ed econo-miche di
Francavilla, che è stato pubblicato l’anno scorso e presentato al Rione
Pen-dino dove si è svolto un pubblico dibattito molto seguito.
Il libro, che è stato recentemente integrato ed
aggiornato con una seconda edizione, non si presta affatto ad essere
considerato come un’operazione nostalgica ma ha un contenuto essenzialmente
politico con qualche comprensibile e perdonabile indulgen-za a fatti e ricordi
umani, personali e familiari, a volte molto toccanti.
Questo nostro dibattito prende l’avvio sotto alcuni
aspetti dal libro di Amerigo e si vuole un po’ accreditare come una
rivisitazione anche critica della storia ormai molto lontana e molto breve del
PSIUP – nato nel 1964 e sciolto nel 1972 – e degli avvenimenti già citati, ai
quali hanno dato luogo i giovani compagni socialisti franca-villesi attraverso
un’esperienza esaltante che, seppure circoscritta fra le mura del natio borgo,
è da considerarsi comunque interessante perché ha contribuito in quegli anni
alla formazione di una coscienza politica in molti giovani lasciando in tutti
loro tracce tuttora visibili e tangibili di un impegno che ha arricchito il
loro patrimonio umano, culturale e politico. Quei giovani di allora sono oggi
delle persone adulte che conservano nella loro storia e nei loro cuori una
passione e un sentimento forti e indi-menticabili.
Mi sono limitato ad accennare brevemente alle vicende
politiche del PSIUP perché della breve storia di questo Partito svolgerà una
relazione più articolata e approfon-dita Dorino Russo, che saprà essere
sicuramente più esauriente ed efficace di me.
Come francavillese voglio rivolgere un saluto al
Sindaco Avv. Antonella Bartucca e augurare a lei e a tutta l’Amministrazione
Comunale buon lavoro per il progresso di Francavilla. Penso che il Sindaco
Bartucca debba essere incoraggiato e sostenuto – ed io lo faccio volentieri
anche come militante del P.D. – perché è una persona preparata e dinamica, e
perché ha dato finora alcuni segnali percepiti favorevolmente dalla
popolazione, quali l’istituzione del mercato settimanale che si rendeva necessa-rio
e che rappresenta anche un momento d’incontro fra gli abitanti del paese e fra
loro e le persone che vi giungono dalle campagne e dai paesi vicini; ha
destinato inoltre un’area comunale, quella che si trova lungo la via Vittorio
Torchia, a parco pubblico che si presenta ben attrezzato ed ha anche inaugurato
poco fa “Largo della Nunziata”, ripristinando il nome originario della nostra
Piazza che aveva cambiato l’antico nome con quello di Piazza Solari a seguito
del tragico incidente aereo avvenuto nel 1924 sui cieli della Libia nel quale
perse la vita il giovane Ufficiale dell’Aviazione Michele Solari.
Nell’esprimere la mia solidarietà al Sindaco Bartucca,
oltre alle poche ma sentite ragioni da me addotte, ho cercato di spiegarla
anche con la nostra comune vicinanza politica al PD, a proposito della quale
ritengo opportuno precisare però che la mia adesione e il mio voto al suddetto
Partito sono dovuti alla necessità di contrastare il “grillismo” che considero
un fenomeno degenerativo della politica, nonché alla man-canza alla sinistra
del PD di una credibile e valida alternativa di sistema e di governo.
Preciso ancora che il mio coerente impegno in politica
negli ultimi vent’anni è stato sempre indirizzato e finalizzato a impedire gli
eventuali, ulteriori effetti devastanti del “berlusconismo” generato, oltre che
dagli errori della sinistra, perennemente divi-sa e spesso inconcludente, anche
da una persistente “linea generale” della destra ita-liana che non ha voluto o
forse saputo conciliarsi con la storia del nostro Paese che dal dopoguerra ai
giorni nostri, piaccia o no, è andata sempre più affermandosi e
ca-ratterizzandosi sul piano culturale con un orientamento prevalentemente
rivolto verso i principi e i valori di una sinistra moderna autenticamente
democratica e libertaria.
Questa mia considerazione nasce dall’osservazione
largamente condivisa e accetta-ta dagli studiosi e dai critici più accreditati
di varia collocazione politica, secondo cui nei vari campi del sapere e su
moltissimi piani del pensiero, degli studi e della ricerca permane e resiste
tuttora una “egemonia culturale” della Sinistra che ha avuto in Antonio Gramsci
e nel suo geniale intuito il suggeritore e costruttore originario.
Non si pensi però che “egemonia culturale” possa e
debba essere intesa come bana-le bramosia di potere ma piuttosto come la giusta
strada e la via maestra che la buona politica deve perseguire per costruire su
basi di uguaglianza il governo della cosa pubblica e anche una coscienza
sociale che renda, di conseguenza, possibile la più larga ed estesa adesione e
partecipazione delle cosiddette “masse popolari” alle scelte fondamentali del
Paese.
Infatti, nel pensiero di Gramsci ciò sarebbe stato ed
è ancora possibile a condizione che il movimento operaio, e più in generale
l’unità di tutti i lavoratori, fosse riuscito, e possa tuttora riuscire, a
stabilire un’organica alleanza con il mondo intellettuale e della cultura, tale
da creare un autentico regime democratico.
Per realizzare tale obiettivo occorre ovviamente saper
coniugare i principi e i valori della libertà con quelli della giustizia
sociale perché solo attraverso questo intreccio indissolubile e questa stretta
connessione fra i due termini del rapporto si realizza la necessaria sintesi di
entrambe le componenti e la nascita sul piano operativo di un “ordine nuovo” di
cui la nostra società ha bisogno.
A giorni seguirà in paese un’articolata rassegna
artistica del “talento francavillese”. Si tratta di un’idea, di un progetto e
di una iniziativa assolutamente unici in Franca-villa e per Francavilla, che
han lo scopo e il merito di far convergere verso il nostro paese quelle risorse
e potenzialità artistiche concernenti quasi tutti i campi della crea-tività e
dell’artigianato di qualità che possono essere considerate senz’altro come una
manifestazione diretta di quella “francavillesità” che nel corso ormai di
alcuni de-cenni ha trovato le condizioni soggettive ideali, combinate con
quelle oggettive, per esprimersi ed affermarsi in molti luoghi d’Italia dove questi
nostri “fratelli” vivono e operano quali rappresentanti delle prime e delle
seconde generazioni di emigrati e con la mente sempre rivolta alle loro
origini.
Dal numero direi imponente delle adesioni possiamo
desumere con soddisfazione che la Mostra dei lavori avrà un sicuro successo, a
prescindere dalla scelta della giu-ria delle opere da inserire
nell’album-ricordo. Avremo modo così di ammirare “i prodotti” dell’intelletto e
quelli della “manualità”, anch’essa figlia ed espressione della fantasia creativa
di tanti nostri concittadini, amici e parenti ovunque sparsi e ci sarà dato di
consegnare a quelli che verranno dopo di noi le testimonianze e le prove di
un’epoca segnata appunto dal talento francavillese.
Riguardo a questo tema credo valga la pena considerare
come manifestazione del talento francavillese, anche i nostri concittadini che
si sono finora segnalati per avere scritto alcuni libri che fanno ormai parte
della storia di Francavilla. E pur correndo in parte il rischio di ripetermi,
voglio però nuovamente ricordare le varie pubblicazioni di Foca Accetta e di
Lorenzo Malta e citare inoltre il carissimo amico Ing. Vincenzo Davoli che, pur
non essendo nato a Francavilla, ha dedicato ai Caduti francavillesi nelle due
guerre mondiali due pregevoli volumi presentati anche a Roma, il secondo
addirittura a Palazzo Valentini, dove si è svolto un dibattito al quale abbiamo
parteci-pato in parecchi e che è stato concluso con un intervento della D.ssa
Sonia Vazzano, una giovane studiosa e scrittrice, destinata a un sicuro
successo grazie alla sua note-vole preparazione e inclinazione
critico-letteraria e al suo eloquio molto colto e coin-volgente.
Mi piace aggiungere poi e ricordare il già menzionato
libro di Amerigo nonché i tre libri di Padre Tarcisio Rondinelli, ed infine la
raccolta di Enzo Simonetti che, pur breve per numero di liriche, suscita in
alcuni ritratti un’intensa e sofferta partecipa- zione del lettore. Mi sembrava
doveroso annoverare fra i “talentuosi” francavillesi (mi si passi il termine inusuale
e quindi azzardato) questi nostri autori ai quali augu-riamo di cuore di
resistere al tempo e nel tempo sicché si possa parlare ancora di loro negli
anni che verranno.
A questo punto, forse alcuni di voi o forse molti di
voi penseranno che io abbia vo-luto dare al mio intervento un’impronta quasi
“deamicisiana” giacché ho avuto parole benevole nei confronti di tutte le
persone da me finora citate. Ma dovendo e volendo dare una spiegazione di ciò,
penso di poter affermare che io dico sempre quel che penso e sento nell’animo,
e rifuggo peraltro da qualsiasi adulazione più o meno interessata e da
eccessive lusinghe solitamente rivolte a conseguire una “captatio
be-nevolentiae” che, credetemi, non ho mai direttamente o indirettamente
sollecitato. Può darsi invece che certi stati d’animo nascano spontaneamente in
occasioni del tutto particolari come questa bella manifestazione che stiamo ora
vivendo insieme e che specialmente per me rappresenta in un certo senso un
atteso e felice ritorno alle origini.
Infatti, quando si vive lontano o anche a non molta
distanza, come nel mio caso, dai luoghi e dai tempi che hanno accompagnato i
nostri primi sogni, può accadere, come sovente accade, che i ricordi
accumulatisi negli anni suscitino un sentimento di no-stalgia che rende
talvolta più leggeri e rasserenati i pensieri.
Come avete potuto forse notare, il mio intervento si è
svolto finora seguendo, sia pure tortuosamente, la linea dell’amarcord
felliniano. La scelta del titolo della serata mi è parsa oltremodo indovinata e
adeguata perché a mio giudizio è indicativa del ra-pido fluire dei nostri
giorni, in parte proiettati verso il futuro, in parte ancorati al no-stro
passato. È vero infatti che il nostro «essere nel tempo» si realizza attraverso
una continua successione di momenti, che sollecitano contemporaneamente la
memoria del passato e il desiderio e lo sforzo anche di andare …oltre…senza
sapere però se il domani sarà ancora nostro e che cosa ci aspetta al di là del
limitato e stretto confine che ci è stato assegnato dalla vita. Voglio però
uscire da questa “digressione un po’ filosofica”, forse del tutto estranea a
questa manifestazione, perché l’atmosfera serena e quasi familiare nella quale
siamo immersi ci ripaga delle molte domande e delle po-che risposte inesplicabili.
Mi avvio alla fine del mio lungo intervento
ringraziando vivamente il Sindaco che ha reso possibile questa bella serata ed
anche Amerigo che ha validamente contribui-to a realizzarla e che mi ha spinto
e convinto a intervenire, Quando Amerigo, come si sa, assume una qualsiasi
iniziativa concernente Francavilla, grande o piccola che sia, o quando
intraprende un programma o una decisione o un fatto o una cosa di piccole o
grandi proporzioni e dimensioni, dettati dall’amore per il suo e nostro Paese e
inten-de coinvolgere qualcuno per conseguire il migliore risultato possibile,
diventa quasi impensabile resistergli. Io però per quanto mi riguarda l’ho
seguito in questa impresa con totale disponibilità e partecipazione, e aggiungo
anche per simpatia umana e politica, e con lo stesso spirito di amicizia che
avevo per il padre Totò Fiumara, una persona perbene e un grande lavoratore,
scomparso purtroppo prematuramente e dal quale Amerigo ha in gran parte
ereditato il suo convinto orientamento politico per le idee socialiste e per la
giustizia sociale.
Ma debbo ringraziare in particolar modo tutti voi,
cari concittadini, che avete avuto la pazienza di ascoltarmi e salutandovi con
amicizia e calore penso di dovervi chiedere anche scusa se vi ho annoiato. In
quest’ultimo caso vorrei però cavarmela con la stessa frase con la quale
Manzoni ha chiuso il suo romanzo e che è la seguente: “ma se invece fossimo
riusciti ad annoiarvi credete che non s’è fatto apposta”.