martedì 6 maggio 2014

Vito Caruso Dott. in Scienze Politiche:
Un utile strumento per colmare il vuoto di conoscenza della realtà paesana

Caro Amerigo,
ti invio, in allegato, il mio contributo sul tuo libro.
L'ho profondamente modificato rispetto al testo di cui ti avevo parlato al telefono, togliendo intere parti relative a fatti da me ritenuti importanti per capire e far capire meglio l'azione politica portanta avanti, da diverse amministrazioni, nel periodo da te considerato.
Il fatto che mi ha sempre fatto soffrire e che avendo Francavilla la fortuna di possedere un territorio meraviglioso, in una posizione geografica invidiabile (aeroporto e stazione ferroviaria a 15 Km e lo svincolo autostradale nel territorio), la diga con potenziale turistico e ambientale e con il mare ad un tiro di schioppo, nessuna amministrazione è riuscita ad impostare una politica di valorizzazione di questo immenso patrimonio!!!
Scarichiamo, se vogliamo, la responsabilità su Roma, sui governi nazionali e su altro, ma io sono convinto che la responsabilità maggiore risieda in chi, a livello locale e regionale, è stato incapace di compiere atti, anche minimi per dare valore a tanta ricchezza
, senza, ovviamente deturpare il paesaggio ed il suo equilibrio.

Un caro saluto

Vito


Caro Amerigo,                                                                                Milano 5 maggio 2014
ho recentemente riletto il tuo libro e letto le molte recensioni che ti sono state inviate e che sono pubblicate sul tuo sito. Condivido il fatto che la tua pubblicazione, come sostiene il Prof. Luigi Lombardi Satriani “… descrive con estrema accuratezza le condizioni di vita e gli atteggiamenti di anni lontani, di cui il tempo ha dissolto via via i tratti e il tepore…” oppure, per un francavillese come il Prof. Barbina il tuo libro rappresenta, ….scenari che non possono che destare lo “stordimento” dei ricordi e, con essi, quello delle emozioni….
Avendo avuto modo di partecipare alla presentazione del tuo libro, avevo già espresso, in quella sede, il mio apprezzamento per il tuo impegno. Consegnare a noi ed alle future generazioni un lavoro con il quale hai voluto fissare alcuni momenti e situazioni significative della vita paesana, soprattutto giovanile è opera sicuramente meritoria. Il libro contiene elementi di sicuro interesse e di stimolo per eventuali più estese considerazioni. Mi permisi di dire che, in base a quel poco che avevo letto prima della presentazione ed a quello che avevo ascoltato nella bella ed approfondita relazione introduttiva fatta dal Prof. Dorino Russo, sarebbe stato utile compiere qualche approfondimento sulle modalità con cui avveniva lo svolgimento delle competizioni elettorali e su come venivano affrontate alcune vicende politiche, soprattutto, negli anni 70. La elevata conflittualità politica, che appare molto sfumata nel tuo libro, ha, invece, caratterizzato in negativo la vita politica del nostro paese, determinando, quasi sempre, condizioni di inimicizia che hanno contribuito a spaccare in due il paese e diviso molte famiglie. Il costante permanere di tale situazione ha, probabilmente, impedito uno sviluppo diverso e più dinamico della nostra comunità e del nostro territorio.
Se si vuole davvero non rimuovere dalla memoria quello che è stato e come è stato, per ricordare in termini effettivi, a noi che lo abbiamo vissuto ed alle giovani generazioni che dovrebbero imparare a non ripete un certo modo di fare ed intendere la politica, occorrerebbe leggere, o rileggere, l’attenta analisi sul comportamento dei francavillesi in prossimità delle elezioni amministrative locali, e non solo, che è stata fatta dal Prof. Vittorio Torchia (persona nata a Francavilla e trasferitasi a Taormina dove ha vissuto fino alla sua morte), nel suo libro IL PAESE DEL DRAGO e più specificamente nelle NOTERELLE: Piccolo mondo di ieri/Piccolo mondo di oggi (il piccolo mondo di riferimento era ovviamente Francavilla). Egli, anche se persona esterna al contesto quotidiano, ma dotato di grande cultura, di straordinaria umanità e dai modi semplici nell’agire, ha osservato e riportato, in modo straordinario e condivisibile, il comportamento, come detto, delle persone in competizione politica per la conquista del comune e dei cittadini chiamati al voto. Il resoconto delle elezioni amministrative del 78, per assistere alle quali ha rimandato il ritorno alla sua città di residenza, letto oggi appare assolutamente attuale, anzi occorrerebbe aggiornarlo in negativo. Egli, tra l’altro, scriveva: ”Il clima paesano alla vigilia delle elezioni è una caldaia bollente, occasione di istinti che esplodono, di rivincite attese e di coltivati viscerali dispetti….. La lotta è permanente. Ognuno nel suo bunker……Le vere forze, quelle dei giovani si autodistruggono. I furbi fanno affari. Il paese langue…
E’ vero, caro Amerigo, che nella tua introduzione specifichi che i fatti raccontati, che si sono verificati durante il periodo ’50 – ’79 nel nostro paese, sono semplicemente descritti e non approfonditi, perché lo scopo che ti eri prefisso era quello di far emergere il senso di una coesione sociale, sentita e praticata e che ormai si è dissolta.
Il problema vero è che tale coesione si è dissolta da tempo, per infinite ragioni, non solo legate alle vicende francavillesi o al loro comportamento, ma all’intera eterna questione meridionale, la cui soluzione appare sempre più difficile, soprattutto alla luce del nuovo ordine economico mondiale, basato sul prevalere eccessivo della leva finanziaria su quella produttiva, che marginalizza ancora di più le zone periferiche e poco strutturate come nel caso del Mezzogiorno d’Italia. La globalizzazione, che ha già determinato cambiamenti epocali, molto spesso non positivi, può essere, se sfruttata opportunamente, occasione di sviluppo per zone esterne allo sviluppo o sottosviluppate. La chiave di lettura di quello che avviene o non avviene nel nostro Sud, non può più essere quella tradizionale. Gli economisti, i politici, i meridionalisti e gli uomini di cultura, assieme alle popolazioni interessate devono compiere un notevole sforzo per superare i ritardi ed i limiti attuali nella individuazione di adeguate misure per un miglioramento soddisfacente delle condizioni di vita e di lavoro nel nostro Sud, pena la sua decadenza ulteriore e la completa subordinazione alle organizzazioni criminali. Sono sempre più convinto che il Sud si può riscattare solo con la gente del Sud, a condizione che riesca a mettere in campo una classe dirigente davvero responsabile e, quindi, all’altezza della situazione.
Il tuo libro ha rappresentato per me, che sono nato a Francavilla , un modo per ripercorrere diversi momenti della nostra infanzia, a partire da quando, ancora bambini, giocavamo a “Pendino” davanti alla bottega di “generi alimentari” di tuo nonno e nelle stradine che portavano alle diverse campagne intorno al paese. Giochi, ingenue complicità e marachelle che sono continuate negli anni successivi quando entrambi ci siamo spostati nella parte alta del paese, “Adirtu”.
Ma è stato anche un utile strumento per colmare il vuoto di conoscenza della realtà paesana, causato dalla mia partenza per Milano nell’agosto del 1962 all’eta di 14 anni, per iniziare il mio nuovo percorso di vita, di lavoro e di studio. Il distacco dal paese ha provocato in me una profonda lacerazione di cui ancora ricordo gli effetti devastanti per l’abbandono, in tenera età, degli affetti familiari e del mio ambiente. Mi è pesato molto anche il conseguente allentamento del rapporto di amicizia che avevo con te e con molti altri cari compagni.
I miei ritorni a Francavilla, una o due volte l’anno, mi servivano, oltre che per godere dell’affetto che mi veniva prodigato dalla famiglia e della buona cucina della mamma, per riappropriarmi di quelle cose uniche, spesso immateriali, che la nostra gente e la nostra terra ci sapeva offrire.
Anche se molto giovane, ricordo che uno dei bisogni che sentivo di più era, però, quello di essere aggiornato sulla situazione politica del nostro comune, di come questo veniva amministrato e quali iniziative venivano intraprese. Questo interesse risiedeva, forse, nel fatto che mi consideravo uno sradicato. Uno che era stato obbligato ad emigrare per potersi costruire un futuro, viste le oggettive difficoltà economiche che mi avrebbero impedito di poter andare a Vibo per continuare gli studi, ai quali io tenevo moltissimo. Quella mia particolare situazione di giovane emigrato, ma con la famiglia rimasta in paese, mi faceva sentire “…radicato e sradicato, sia a Francavilla che a Milano, partito e rimasto…” come mi invita a dire Vito Teti nel capitolo “italiani del Sud” del suo ultimo interessantissimo libro “Maledetto Sud”. In altri termini a Francavilla venivo visto come il “milanese” che parla ed agisce in funzione della formazione che andava acquisendo nel luogo dove viveva e cresceva, mentre a Milano ero “il bel murettin calabresun” e, quindi, anche se solo per un breve periodo , il terrone sul quale venivano scaricati alcuni pregiudizi che, a quel tempo, erano molto forti e diffusi.
La parte che dedichi nel tuo libro al Centro Giovanile Popolare (CGP) è particolarmente importante. Il CGP , di cui hanno scritto in modo appassionato ed esauriente anche Aldo Bonelli e Antonio Aracri, ha costituito, senza dubbio, un momento di aggregazione giovanile di straordinaria importanza. Esso si è dato, da subito, una linea d’azione che tendeva al coinvolgimento pieno di tutti ed alla valorizzazione dei contributi personali che ciascuno era in grado di esprimere. La sua apartiticità favoriva un confronto sereno sui diversi temi che a quell’epoca erano maggiormente sentiti dagli aderenti e la messa in campo di iniziative, anche di lotta, mirate a problemi concreti rilevati nell’ambito territoriale. L’analisi del passato e la ricostruzione ,anche se limitata, del tessuto connettivo della nostra comunità, erano strumentali alla ricerca di elementi su cui basare azioni future per il miglioramento o il superamento di condizioni vita e di prospettiva ritenute non più sopportabili. L’oggi ed il futuro prossimo erano gli obiettivi temporali che ci ponevamo nell’elaborazione dei progetti da realizzare con le nostre forze o da indicare alle forze politiche che ci davano credito.
Di particolare valore è stato il lavoro formativo dei partecipanti, che, in modo del tutto spontaneo, è stato portato avanti. Esso è stato in grado di generare parte della nuova e giovane dirigenza politica del paese, attraverso il passaggio di molti membri del CGP ad alcuni partiti storici presenti nel paese, fino ad arrivare ad esprimere diversi consiglieri comunali, un vicesindaco in Antonio Anello ed un sindaco nel fratello Pino Anello.
Una sintesi degli obiettivi politici che ci eravamo posti e delle motivazioni che ci avevano portato a costituire il CGP sono contenuti nel “Manifesto” politico, che distribuimmo in forma di volantino a tutta la popolazione, e che era stato pubblicato sul N° 33 dei Quaderni Calabresi del giugno 74.
Il rapporto che eravamo riusciti a costruire con alcuni movimenti della zona, ma soprattutto con Francesco Tassone, direttore responsabile dei Quaderni Calabresi (poi Quaderni del Mezzogiorno e delle isole) e con il gruppo di persone impegnate politicamente intorno alla rivista, sono stati di straordinaria importanza, oltre che per l’amicizia personale che si è subito instaurata, anche per il supporto e la collaborazione che ci sono stati forniti in diversi momenti della nostra attività. Personalmente, penso di dovere molto a Francesco Tassone, a Luigi Lombardi Satriani, a Mariano Meligrana e a Nicola Zitara ed a molti altri compagni ed amici, per avermi consentito, attraverso la lettura dei loro contributi pubblicati nei Quaderni, di recuperare i valori fondanti della mia identità di persona meridionale, facendo aumentare, dentro di me, una più attenta sensibilità verso la Questione Meridionale, che ho cercato di mettere in campo nei passaggi successivi della mia vita personale e professionale. Sono ancora oggi abbonato ai Quaderni, che leggo con immutato interesse.

Un abbraccio affettuoso Vito Caruso

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