Caro Amerigo,
ti invio, in allegato, il mio contributo sul tuo libro.
L'ho profondamente modificato rispetto al testo di cui ti avevo parlato al telefono, togliendo intere parti relative a fatti da me ritenuti importanti per capire e far capire meglio l'azione politica portanta avanti, da diverse amministrazioni, nel periodo da te considerato.
Il fatto che mi ha sempre fatto soffrire e che avendo Francavilla la fortuna di possedere un territorio meraviglioso, in una posizione geografica invidiabile (aeroporto e stazione ferroviaria a 15 Km e lo svincolo autostradale nel territorio), la diga con potenziale turistico e ambientale e con il mare ad un tiro di schioppo, nessuna amministrazione è riuscita ad impostare una politica di valorizzazione di questo immenso patrimonio!!!
Scarichiamo, se vogliamo, la responsabilità su Roma, sui governi nazionali e su altro, ma io sono convinto che la responsabilità maggiore risieda in chi, a livello locale e regionale, è stato incapace di compiere atti, anche minimi per dare valore a tanta ricchezza, senza, ovviamente deturpare il paesaggio ed il suo equilibrio.
Un caro saluto
Vito
Caro
Amerigo, Milano 5 maggio 2014
ho
recentemente riletto il tuo libro e letto le molte recensioni che ti
sono state inviate e che sono pubblicate sul tuo sito. Condivido il
fatto che la tua pubblicazione, come sostiene il Prof. Luigi Lombardi
Satriani “…
descrive con estrema accuratezza le condizioni di vita e gli
atteggiamenti di anni lontani, di cui il tempo ha dissolto via via i
tratti e il tepore…”
oppure, per un francavillese come il Prof. Barbina il tuo libro
rappresenta, ….scenari
che non possono che destare lo “stordimento” dei ricordi e, con
essi, quello delle emozioni….
Avendo
avuto modo di partecipare alla presentazione del tuo libro, avevo già
espresso, in quella sede, il mio apprezzamento per il tuo impegno.
Consegnare a noi ed alle future generazioni un lavoro con il quale
hai voluto fissare alcuni momenti e situazioni significative della
vita paesana, soprattutto giovanile è opera sicuramente meritoria.
Il libro contiene elementi di sicuro interesse e di stimolo per
eventuali più estese considerazioni. Mi permisi di dire che, in base
a quel poco che avevo letto prima della presentazione ed a quello che
avevo ascoltato nella bella ed approfondita relazione introduttiva
fatta dal Prof. Dorino Russo, sarebbe stato utile compiere qualche
approfondimento sulle modalità con cui avveniva lo svolgimento delle
competizioni elettorali e su come venivano affrontate alcune vicende
politiche, soprattutto, negli anni 70. La elevata conflittualità
politica, che appare molto sfumata nel tuo libro, ha, invece,
caratterizzato in negativo la vita politica del nostro paese,
determinando, quasi sempre, condizioni di inimicizia che hanno
contribuito a spaccare in due il paese e diviso molte famiglie. Il
costante permanere di tale situazione ha, probabilmente, impedito uno
sviluppo diverso e più dinamico della nostra comunità e del nostro
territorio.
Se si
vuole davvero non
rimuovere dalla
memoria quello che è stato e come è stato, per ricordare in termini
effettivi, a noi che lo abbiamo vissuto ed alle giovani generazioni
che dovrebbero imparare a non ripete un certo modo di fare ed
intendere la politica, occorrerebbe leggere, o rileggere, l’attenta
analisi sul comportamento dei francavillesi in prossimità delle
elezioni amministrative locali, e non solo, che è stata fatta dal
Prof. Vittorio Torchia (persona nata a Francavilla e trasferitasi a
Taormina dove ha vissuto fino alla sua morte), nel suo libro IL PAESE
DEL DRAGO e più specificamente nelle NOTERELLE: Piccolo mondo di
ieri/Piccolo mondo di oggi (il piccolo mondo di riferimento era
ovviamente Francavilla). Egli, anche se persona esterna al contesto
quotidiano, ma dotato di grande cultura, di straordinaria umanità e
dai modi semplici nell’agire, ha osservato e riportato, in modo
straordinario e condivisibile, il comportamento, come detto, delle
persone in competizione politica per la conquista del comune e dei
cittadini chiamati al voto. Il resoconto delle elezioni
amministrative del 78, per assistere alle quali ha rimandato il
ritorno alla sua città di residenza, letto oggi appare
assolutamente attuale, anzi occorrerebbe aggiornarlo in negativo.
Egli, tra l’altro, scriveva: ”Il clima paesano alla vigilia delle
elezioni è una caldaia bollente, occasione di istinti che esplodono,
di rivincite attese e di coltivati viscerali dispetti….. La lotta è
permanente. Ognuno nel suo bunker……Le vere forze, quelle dei
giovani si autodistruggono. I furbi fanno affari. Il paese langue…
E’
vero, caro Amerigo, che nella tua introduzione specifichi che
i fatti raccontati, che si sono verificati durante il periodo ’50 –
’79 nel nostro paese, sono semplicemente descritti
e non approfonditi,
perché lo scopo che ti eri prefisso era quello di far emergere il
senso di una coesione sociale, sentita e praticata e che
ormai si è dissolta.
Il
problema vero è che tale coesione si è dissolta da tempo, per
infinite ragioni, non solo legate alle vicende francavillesi o al
loro comportamento, ma all’intera eterna questione meridionale, la
cui soluzione appare sempre più difficile, soprattutto alla luce del
nuovo ordine economico mondiale, basato sul prevalere eccessivo della
leva finanziaria su quella produttiva, che marginalizza ancora di più
le zone periferiche e poco strutturate come nel caso del Mezzogiorno
d’Italia. La globalizzazione, che ha già determinato cambiamenti
epocali, molto spesso non positivi, può essere, se sfruttata
opportunamente, occasione di sviluppo per zone esterne allo sviluppo
o sottosviluppate. La chiave di lettura di quello che avviene o non
avviene nel nostro Sud, non può più essere quella tradizionale. Gli
economisti, i politici, i meridionalisti e gli uomini di cultura,
assieme alle popolazioni interessate devono compiere un notevole
sforzo per superare i ritardi ed i limiti attuali nella
individuazione di adeguate misure per un miglioramento soddisfacente
delle condizioni di vita e di lavoro nel nostro Sud, pena la sua
decadenza ulteriore e la completa subordinazione alle organizzazioni
criminali. Sono sempre più convinto che il Sud si può riscattare
solo con la gente del Sud, a condizione che riesca a mettere in campo
una classe dirigente davvero responsabile e, quindi, all’altezza
della situazione.
Il tuo
libro ha rappresentato per me, che sono nato a Francavilla , un modo
per ripercorrere diversi momenti della nostra infanzia, a partire da
quando, ancora bambini, giocavamo a “Pendino” davanti alla
bottega di “generi alimentari” di tuo nonno e nelle stradine che
portavano alle diverse campagne intorno al paese. Giochi, ingenue
complicità e marachelle che sono continuate negli anni successivi
quando entrambi ci siamo spostati nella parte alta del paese,
“Adirtu”.
Ma è
stato anche un utile strumento per colmare il vuoto di conoscenza
della realtà paesana, causato dalla mia partenza per Milano
nell’agosto del 1962 all’eta di 14 anni, per iniziare il mio
nuovo percorso di vita, di lavoro e di studio. Il distacco dal paese
ha provocato in me una profonda lacerazione di cui ancora ricordo gli
effetti devastanti per l’abbandono, in tenera età, degli affetti
familiari e del mio ambiente. Mi è pesato molto anche il conseguente
allentamento del rapporto di amicizia che avevo con te e con molti
altri cari compagni.
I miei
ritorni a Francavilla, una o due volte l’anno, mi servivano, oltre
che per godere dell’affetto che mi veniva prodigato dalla famiglia
e della buona cucina della mamma, per riappropriarmi di quelle cose
uniche, spesso immateriali, che la nostra gente e la nostra terra ci
sapeva offrire.
Anche se
molto giovane, ricordo che uno dei bisogni che sentivo di più era,
però, quello di essere aggiornato sulla situazione politica del
nostro comune, di come questo veniva amministrato e quali iniziative
venivano intraprese. Questo interesse risiedeva, forse, nel fatto che
mi consideravo uno sradicato. Uno che era stato obbligato ad emigrare
per potersi costruire un futuro, viste le oggettive difficoltà
economiche che mi avrebbero impedito di poter andare a Vibo per
continuare gli studi, ai quali io tenevo moltissimo. Quella mia
particolare situazione di giovane emigrato, ma con la famiglia
rimasta in paese, mi faceva sentire “…radicato e sradicato, sia a
Francavilla che a Milano, partito e rimasto…” come mi invita a
dire Vito Teti nel capitolo “italiani del Sud” del suo ultimo
interessantissimo libro “Maledetto Sud”. In altri termini a
Francavilla venivo visto come il “milanese” che parla ed agisce
in funzione della formazione che andava acquisendo nel luogo dove
viveva e cresceva, mentre a Milano ero “il bel murettin calabresun”
e, quindi, anche se solo per un breve periodo , il terrone sul quale
venivano scaricati alcuni pregiudizi che, a quel tempo, erano molto
forti e diffusi.
La parte
che dedichi nel tuo libro al Centro Giovanile Popolare (CGP) è
particolarmente importante. Il CGP , di cui hanno scritto in modo
appassionato ed esauriente anche Aldo Bonelli e Antonio Aracri, ha
costituito, senza dubbio, un momento di aggregazione giovanile di
straordinaria importanza. Esso si è dato, da subito, una linea
d’azione che tendeva al coinvolgimento pieno di tutti ed alla
valorizzazione dei contributi personali che ciascuno era in grado di
esprimere. La sua apartiticità favoriva un confronto sereno sui
diversi temi che a quell’epoca erano maggiormente sentiti dagli
aderenti e la messa in campo di iniziative, anche di lotta, mirate a
problemi concreti rilevati nell’ambito territoriale. L’analisi
del passato e la ricostruzione ,anche se limitata, del tessuto
connettivo della nostra comunità, erano strumentali alla ricerca di
elementi su cui basare azioni future per il miglioramento o il
superamento di condizioni vita e di prospettiva ritenute non più
sopportabili. L’oggi ed il futuro prossimo erano gli obiettivi
temporali che ci ponevamo nell’elaborazione dei progetti da
realizzare con le nostre forze o da indicare alle forze politiche che
ci davano credito.
Di
particolare valore è stato il lavoro formativo dei partecipanti,
che, in modo del tutto spontaneo, è stato portato avanti. Esso è
stato in grado di generare parte della nuova e giovane dirigenza
politica del paese, attraverso il passaggio di molti membri del CGP
ad alcuni partiti storici presenti nel paese, fino ad arrivare ad
esprimere diversi consiglieri comunali, un vicesindaco in Antonio
Anello ed un sindaco nel fratello Pino Anello.
Una
sintesi degli obiettivi politici che ci eravamo posti e delle
motivazioni che ci avevano portato a costituire il CGP sono contenuti
nel “Manifesto” politico, che distribuimmo in forma di volantino
a tutta la popolazione, e che era stato pubblicato sul N° 33 dei
Quaderni Calabresi del giugno 74.
Il
rapporto che eravamo riusciti a costruire con alcuni movimenti della
zona, ma soprattutto con Francesco Tassone, direttore responsabile
dei Quaderni Calabresi (poi Quaderni del Mezzogiorno e delle isole) e
con il gruppo di persone impegnate politicamente intorno alla
rivista, sono stati di straordinaria importanza, oltre che per
l’amicizia personale che si è subito instaurata, anche per il
supporto e la collaborazione che ci sono stati forniti in diversi
momenti della nostra attività. Personalmente, penso di dovere molto
a Francesco Tassone, a Luigi Lombardi Satriani, a Mariano Meligrana e
a Nicola Zitara ed a molti altri compagni ed amici, per avermi
consentito, attraverso la lettura dei loro contributi pubblicati nei
Quaderni, di recuperare i valori fondanti della mia identità di
persona meridionale, facendo aumentare, dentro di me, una più
attenta sensibilità verso la Questione Meridionale, che ho cercato
di mettere in campo nei passaggi successivi della mia vita personale
e professionale. Sono ancora oggi abbonato ai Quaderni, che leggo
con immutato interesse.
Un
abbraccio affettuoso Vito Caruso